Ein Danke hätte es auch getan...
Aber weil du so nett warst:
Il problema della ricostruzione dell’A. omerico appassiona da sempre storici e archeologi, e a fronte di pochi versi dell’Iliade e dell’odissea - che fanno esplicito riferimento alla tipologia degli A. di Ulisse e Pandaro- si possono leggere decine e decine di pagine scritte nel tentativo di sciogliere l’enigma.
Dalle scarne indicazioni dei testi omerici, un dato emerge con certezza : gli A. di Ulisse e Pandaro erano fatti di corno. Infatti nell’Od. (XXI,395) è detto che Ulisse, prima di usare l’A., lo controllò accuratamente per verificare se fosse stato roso dagli IPEIS ("tarli del corno"). Nell’Il. Si precisa meglio la composizione dell’A. di Pandaro : composto di "corna di capro saltante" (AIGOS AGRIOU)... lunghe 16 palmi (EKKAIDEKADORA) assemblate e levigate da un "artigiano politore di corno" (KERAOKOS ERARE TEKTON), che lo rifinì ponendovi due puntali d’oro (CHRUSEEN...KORONEN) [IL. IV, 105-111].
Ma, accertato che gli A. descritti da Omero fossero di corno, resta il problema di come intendere in maniera più dettagliata tale dato. Su questo punto gli studiosi passati e presenti si sono divisi in due schiere. Quella più nutrita e attendibile, ha sostenuto la tesi secondo la quale gli A. omerici andassero interpretati come A. compositi di tipo orientale, dove il corno era solo una delle componenti, assieme ai tendini animali e al legno. Luschan per primo negò che si potesse intendere la composizione degli A. omerici , sic et simpliciter ,come unione delle due corna ; ognuna delle quali avrebbe costituito un flettente dell’A, stesso. Egli dimostrò come un A. di tal fatta sarebbe statto inutilmente forte e impossibile da tendere senza un qualche ausilio meccanico (secondo i suoi calcoli tale A. avrebbe richiesto una forza di trazione di 500-1000 kg). Sostenne, quindi, la tesi del "doppelbogen" (arco rinforzato), sul modello di quelli orientali.
Il Reichel rafforzò tale tesi attraverso una diversa lettura del testo omerico. Infatti, intese le parole riferite alla giunzione delle corna di capra, invece che - come accaduto in precedenza - "le corna unì tra loro", come "le corna unì all’arco" ; interpretando, quindi, il senso del verso come riferito all’applicazione di lamine di corno ad uno scheletro costituente l’A. Questa era la tipica tecnica costruttiva degli A. compositi orientali, e a tale modello hanno fatto riferimento gli studiosi successivi, tra i quali si ricorda lo Schaumberg, e, di recente, il Mc Leod. Quest’ultimo ha dato nuovo vigore alla tesi "composita", proponendo una tipologia angolare, sul modello assiro-babilonese ; dimostrando come i Greci solo dal V a.C. avessero conosciuto l ?a. composito.
La seconda scuola di pensiero trovò tra i suoi più validi sostenitori il Bulanda, che nel 1913, nella sua opera sugli arcieri dell’antichità, confutò Lüschan sulla base di una presunta fedeltà filologica al testo omerico. Secondo l’interpretazione del Bulanda gli A. descritti da Omero erano assemblati con l’unione delle due corna tramite un supporto ddi legno rigido : gli argomenti addotti a sostegno della sua tesi erano principalmente i seguenti : omero indicava i roditori dell’A, di Ulisse come roditori del corno e non come tarli del legno ; l’artigiano costruttore dell’A. di Pandaro era intagliatore di corno e non falegname ; un tipo di A. del genere da lui ipotizzato, era riscontrabile in alcuni manufatti egizi dell I dinastia ritrovati ad Abydos, consistenti in due corna di oryx unite tra loro con un pezzo di legno arrotondato (cfr. W.M. Flinders Petrie).
Da parte nostra possiamo sottolineare alcuni elementi che senz’altro ci fanno propendere per la tesi "composita". Innanzitutto, il fatto che il poeta non descriva le altre componenti di un A. composito, e lo indichi anche solo come A, di corno, va interpretato sslls luce delle tecniche costruttive arabo-turche (per restare a que4lle piu documentate". Qui il legno è considerato come un mero supporto sul quale venivano incollati il tendine e il corno. Infatti, la parte lignea era costituita da una sottile lamina, che costituiva , nella migliore delle ipotesi, 1/3 del materiale complessivo. Tale rapporto era ancora inferiore negli Aa. Da gittata o da guerra, dove il corno occupava una parte preponderante rispetto agli altri materiali, dalla quale dipendeva la forza dell’A. stesso. Quindi, appare plausibile che l.A. di Ulisse, così, forte da poter essere armato solo da lui, fosse costituito da una preponderanza di corno. A tale proposito va anche ricordato che nel nostro medioeevo, l’A, composito veniva indicato comunemente come "arcu de corno" per distinguerlo da quello semplice di solo legno.
Un’ulteriore analogia con gli A. compositi può essere riscontrata nell’episodio che descrive il tentativo di Antinnoo e compagni di armare l’A. con l’ausilio del fuoco (Od.,XXI, 176-180). Ebbene anche gli archi turchi da gittata (come già ricordato, composti prevalentemente di corno) richiedevano un condizionamento a caldo per essere armati.
Ma veniamo ora la tipologia dell’A, descritto nei poemi omerici ; tipologia che sembra confermare, stando alla forma e allae dimensioni, l’ipotesi "composita". Innanazitutto il tipo di corno usato è detto esplicitamente essere corno di AGRIMI, termine che identificherebbe la capra selvatica ("capra aegragus"), molto comune nell’antichità ( a tale proposito bisognerebbe verificare la diffusione in epoca attuale) nell’isola di Creta e in altre isole dell’Egeo. Su ciò concordano i vari studiosi e , ad esempio, Bulanda si dilunga su tale dimostrazione, escludendo che potesse trattarsi delle corna di stambecco, animale assente dallo scenario egeo.
Le corna di tale animale erano molto più lunghe di quelle della capra comune, e nel nostro caso vienio specificato che "crescevano 16vbpalmi". Il palmo va qui inteso non come al misura della mano aperta, dalla punta del pollice a quella del mignolo, bensì come la misura del palmo di largo.
Essa corrisponderebbe quindi alla comune misura greca detta "PALAISTE" che vale circa 7.5 cm.
Le due corna, quindi, misuravano insieme circa 120 cm : lunghezza sufficiente a comporre i due bracci dell’arco.
L’A. di Pandaro, così, assemblato, era rifinito con dei puntali (KORONE) d’oro che servivano per allacciarvi la corda. Il vezzo di usare puntali d’oro è ricordato anche da Ascham nel Toxophilus il quale però lo sconsiglia ritenendo più adatti puntali di corno o di osso.
La cosa più difficile da stabilire resta la forma. Dalle indicazioni del testo omerico possiamo solo rilevare il riferimento, fatto in più punti, alla forte curvatura riflessa espressa con il termine PALINTONON, che viene usato in luogo del più comune KAMPYLOS che invece indicava la semplice curvatura dell’arco.
A questo punto restano le informazioni del testo, e altro non si può fare se non ricorrere a delle analogie con manufatti di civiltà più o meno coeve all’ambiente storico dell’ epopea omerica : certo non definibile con sicurezza, anzi-come dimostrato dai più recenti attenti studi-costituito da una stratificazione di diverse epoche e civiltà (orientali, minoiche, egee). Si è molto discusso, ed esempio, di una matrice orientale dello stesso personaggio di Ulisse, spiegando così anche la sua prerogativa di abile arciere.
Da queste considerazioni evidentemente muove la lettura del Mc Leod. Quando propone la soluzione assiro-Babilonese, prendendo a modello le numerose raffigurazioni di archi di tipo angolare presenti in quella iconografia. Da parte nostra, senza accantonare del tutto tale ipotesi, si può avanzare la proposta di un modello Cretese-Miceneo, civiltà questa molto vicina alle vicende della narrazione omerica, in particolare, analizzando i reperti figurativi disponibili, possiamo individuare alcuni esempi di arco composito, tenendo presente che sicuramente - almeno in ambito cretese - tale tipo di arco fosse conosciuto ed usato. E va rimarcato al riguardo come gli arcieri cretesi avessero goduto di grande fama in tutta l’antichità classica, forse proprio grazie all’uso comune dell’arco composito, a differenza degli altri popoli ellenici.
Bilder hätte ich auch noch...